Fare il bagno il 15 ottobre: in acqua sei da solo, in spiaggia quasi. È come avere un’unica fila nella platea di un teatro vuoto, e un pubblico che guarda attento e un po’ commosso uno spettacolo atomico, col rispetto dovuto a una forma d’arte ignota e irresponsabile, che si trova solo in natura. Il sole è troppo distante per scaldare la pelle dopo il bagno, ma si può guardare fisso, con placida calma, con un paio d’occhiali da sole e la giusta pace nel cuore.

E tutti stanno in silente adorazione di questo spettacolo eterno, che dura da sempre. L’unico spettacolo possibile, che non avrà pietà di nessuno né critiche o repliche del giorno dopo. Un’esplosione caldeggiata dallo stesso pubblico che presto ne verrà spazzato via. Due vecchi fanno il bagno, commentano scherzando il gelo che si prova in immersione, ma restano in acqua per minuti interi e poi ne escono a testa bassa, come dopo il rito di un battesimo, o una decapitazione.

L’esplosione avverrà, è già avvenuta. Sulla spiaggia di metà ottobre il peggio è passato, inevitabilmente arriverà. Quest’anno abbiamo avuto sei mesi di mare e sei mesi di non-mare, dice un altro vecchio seduto in contemplazione. Chiamare per nome questi altri mesi che non siano estivi o pensare in termini di stagioni tradizionali non ha senso.
Improvvisamente non ne ha mai avuto.

Lo spettacolo di luce obliqua e lontana, a bassa intensità di calore, ha un che di distopico: questo lo penso io – ma “distopico” è come dire “tradizionale” o “tipico” in una regione a caso del sud Italia. È come dire niente, una cosa che è lì da sempre ma che si fa linguaggio e parola per farsi accettare nei bei discorsi in società, per vendere miraggi o allucinazioni a turisti spendaccioni.

Dire “distopico” in Occidente è un modo per darsi un tono e una certa rilevanza storica, per fare di sé un’eccezione, un fatto straordinario nei secoli dei secoli. Per dire io c’ero nonostante non potessi farci niente. Ma ciò che è distopico in Occidente è realtà dei fatti, da sempre, per il resto del mondo.

Sogno questi vecchi accanto me commossi, ma di lacrime vere, per la fortuna di vivere in questa eterna distruzione.