Certe volte capita, in quelle mattine d’estate in cui tutto è un tempo immutabile e inafferrabile, ed è così da sempre, in cui il sole ti suggerisce piani per il futuro, ma al contrario; capita, mentre guardi il mare e i suoi ospiti non invitati, bambini, madri di bambini, ragazzi tatuati, capita di pensare, ma a cose da niente; capita, mentre dal bar all’angolo comunque arriva una parte del mondo in forma di canzone dell’estate e qualche pesce all’orizzonte fa un balzo e poi ci ripensa, che tanto non vale la pena evolversi; capita che ti viene da pensare, ma a niente di che, l’ho detto, e il sonno impasta tutto d’improbabile e qualcuno ha pescato due o tre alici e qualcun altro si vanta di questo bel mare, «altro che Sardegna», e qualcun altro ancora di là raccoglie firme per una petizione contro una centrale a carbone che inquinerà questa meraviglia di spiaggia, e qualche bella donna si deterge il seno di una crema che cambierà il destino dell’umanità; e capita, ma di rado, di pensare, e di pensare a niente, mentre il sole ti inchioda nella sua stessa condizione di moneta fuori conio, tu per terra e lui su un’altra terra azzurra che però non si frantuma e nessuno lavora, mentre tutto intorno è rabbia e desiderio, e una mamma sgrida un bambino e milioni di bambini si sgridano tra loro, in acqua, mentre uno scarabeo nuota nella sabbia e il battito rallenta e poi riparte, e il telo da mare pizzica sulla caviglia, e ti ritrovi a pensare, ma di rado, come si pensa a un tradimento piccolo piccolo:
Ma che fine ha fatto Fidel Castro? Sarà mica morto davvero?