L’Italia è un paese di cariche. Anche se la gente appare un po’ scarica, giù di corda, ciò che tutti vorrebbero è: ricoprire una carica. La poltrona, la sedia, la sdraio ma anche l’amaca presidenziale rappresentano comunque il potere: che si gestisca una città, una nazione intera o l’Associazione degli Eccentrici Italiani, poco importa, importa il potere, importa gestire qualcosa. Molto dipende dall’inclinazione personale, certo: quando mi è capitato di gestire una vasca di pesci rossi mi sono sentito al massimo, ma posso comunque comprendere le ambizioni del soggetto di quest’intervista: il Candidato. Direi che forse, in Italia, anche l’esser candidato è un vero e proprio tipo di carica. Candidati al Consiglio Regionale, candidati alle Europee, candidati imprenditori, candidati calciatori, candidati morti e candidati vivi, candidati per tutte le stagioni e candidati a perdere. Ce n’è per tutti i gusti: personalmente, la conversazione che segue mi ha fatto scoprire un uomo-carica che, se non è paraculo, allora è proprio un candido candidato, quasi ingenuo nel suo dire.

Prima di tutto, a cosa è candidato quest’anno?

Se mi è consentito, vorrei fare una precisazione. Non sono un uomo per tutte le stagioni. E’ da un po’ che sono sulla breccia e ho sempre dimostrato di amare la politica quando essa si palesa come un servizio al cittadino. Dunque, non so bene quale sarà il mio destino per questa stagione, ma se mi chiederanno di candidarmi, risponderò con la solerzia e la voglia di metterci la faccia che mi ha sempre contraddistinto. Chi mi conosce lo sa.

C’è una campagna elettorale in particolare che ricorda con più piacere?

Guardi, ogni competizione elettorale, nella misura in cui rappresenta una festa della democrazia, è certamente un piacere così come un sacrificio. Ma sono uno che si prende le sue responsabilità. Certo, ricordo con molto piacere le mie prime campagne, quando iniziai, nel 1912, c’era la voglia genuina di costruire un paese.

Lei ha corso per competizioni elettorali di ogni genere, dalla Camera fino alle Europee, passando per Provinciali e Amministrative. Che differenza c’è?

In tutta onestà, le campagne elettorali nei comuni hanno un respiro diverso. Se mi è consentito, parlerei di un certo afflato mistico. Al di là delle differenze tra schieramenti, comunque, vorrei dire che nel piccolo, alle Amministrative, si possono comprendere meglio i meccanismi che governano la politica e dunque le campagne elettorali nazionali. La modalità di raccolta dei voti, gli affari sottobanco, i trasformismi. Cose che non hanno mai riguardato il mio schieramento, ci tengo a dire, che si è sempre distinto per trasparenza e lealtà verso gli elettori.

Lei si è mai avvantaggiato della sua posizione, o ha mai raccomandato qualcuno?

Vorrei ricollegarmi alla domanda di prima. Nel mio schieramento c’è solo gente onesta, che fa politica non per interesse personale ma per essere vicina ai cittadini. Dunque, non è giusto fare di tutta l’erba un fascio: ci sono anche molti colleghi di schieramenti avversi che stimo molto. Ma ne ho viste di cotte e di crude. Per rimanere alle amministrative, sarebbe interessante studiare come si è evoluto il voto di scambio: dalle patate e le vacche dell’inizio del ‘900, passando per le buste della spesa fino alle ricariche telefoniche in cambio del voto. Ma, ripeto, mi sento estraneo a queste logiche che gettano solo discredito e inficiano la buona politica, quella sana, che tanto piace al cittadino.