Solo col tempo le elezioni sono diventate per me motivo di curiosità e persino divertimento, in qualche occasione. La prima volta invece fu molto dolorosa. Politicamente e fisicamente, dolorosa.
Era il 2001, ultimo anno di scuola, avevo appena fatto il primo viaggio da solo e mi sentivo pronto alla vita. Era una giornata di sole come questa, solo più calda (credo che si votò in primavera inoltrata, e poi Facebook dice che pioverà, stasera). Andammo a votare in auto, con degli amici. Il viale era pieno di famiglie a passeggio in una sorta di domenica raddoppiata. Nella cabina ci furono tutte le indecisioni del caso, come alle prese per la prima volta con un corpo femminile, indecisioni comunque dovute più alla tecnica del voto che alla sostanza, dal momento che votai senza esitazioni per i Verdi – intendevo farlo sin da bambino, quando da grande vuoi fare il veterinario o l’archeologo come Indiana Jones, e quello fu un modo per portarmi dietro un po’ d’infanzia ben oltre l’adolescenza.
All’uscita dal seggio qualche chiacchiera ancora, poi di nuovo in macchina. Com’è come non è, la portella non s’apriva, poi una volta dentro non si chiudeva. Provai e riprovai con forza, con l’aiuto di qualcuno (non ricordo più chi) dall’interno dell’auto, finché non ci rimase schiacciato il dito indice della mano sinistra. Si gonfiò e si gonfiò per ore.
E continuò a gonfiarsi finché non fu chiaro, peraltro prestissimo, il risultato elettorale. Berlusconi stravinse, cappotto in Sicilia, in città fu confermato un dominio che durava da qualche anno e sarebbe durato ancora per un decennio grazie all’elezione di due celebri parlamentari. Qualche mese dopo sarebbero arrivati il G8 di Genova e l’11 settembre.
Da allora ogni volta che vengono indette nuove elezioni ripenso a quel dolore, anzi: mi sembra quasi di sentirlo vivo sul dito. Diciassette anni dopo, racconto questo aneddoto su un social network che guadagna da questo mio raccontare – in attesa di votare direttamente online – mentre l’avventura berlusconiana sembra ormai un morboso affare da necrofili; l’ultimo regalo del Sovversivo Silvio potrebbe essere il definitivo sdoganamento di un partito che all’epoca del mio primo voto portava ancora il Nord nel nome e detestava i terroni.
Oggi mi sa che ci vado a piedi, a votare.