[Questo pezzo, che doveva e potrebbe ancora chiamarsi Canto (natalizio) di fine estate, è nato un sabato, uno di quei sabati in cui le possibilità si moltiplicano e s’intrecciano al tramonto fino a diventare strada unica e ineludibile a sera, quando si è troppo stanchi di testa e gambe per tornare indietro e cantarne quattro a quella parte di noi che non ha scelto o ha scelto male. Che non è poi e propriamente la stessa cosa.]

Il camioncino dei panini sta su una rupe che dà sul mare
i tavolini di plastica verde hanno tovaglie di carta bianca
sono pieni, puoi vedere chi mangia e chi aspetta
l’odore è di fritto e di carne, molta carne, molto umana
vicino alla cassa c’è il display coi numerini, per la fila
come alla posta, solo che qui nessuno si scoccia e cede il posto
a chi verrà dopo

Piero si chiama il proprietario e ricorda quell’attore, meglio,
una comparsa, di una sit-com con soli attori romani
ha le ciglia lunghe, e le ciglia lunghe hanno sempre un che di femminile
anche in un uomo, ma Piero, è sabato sera, Piero
Piero è solo stanco e i suoi operai sono api che girano a vuoto
dietro al bancone e davanti al pubblico seduto, un balletto meccanico
Allora Piero di tanto in tanto sbuffa, si volta, dice di starci attenti,
ai numerini, alla fila, chiamare prima un numero che sta più avanti
solo se hanno ordinato patatine e le patatine sono già pronte
È il caso di un signore alto, dall’aria giovanile, forse un turista
un’eleganza mista a fermezza che hanno solo certi uomini
che sono adulti con una stagione d’anticipo e vecchi mai,
mai del tutto

Il signore ha ordinato due vaschette, ha una moglie muta che sa,
sa il silenzio e sa che è meglio per tutti, sorta d’affido
Seduto con lei, il signore ha atteso con una birra, è stato chiamato
nello sciogliersi delle luci al neon blu e arancioni si è alzato
ha portato il cibo al tavolino di plastica, tutt’attorno un chiasso
che riporta a ogni sabato sera d’estate, di tutte le estati
Al tavolo accanto dei ragazzi, qualcuno sposato giovane,
discutevano di un materassino perso in mare al mattino
uno dei ragazzi ha chiesto a chi lo ha perso se non avesse preso il volo
era tramontana, di primo mattino, adesso ancora scirocco, e ancora
e chi ha perso il materassino ha detto che si potrebbe fare una colletta
e l’altro ha detto di no, solo che era di suo cognato, ecco il problema
e quello ha insistito ancora con la colletta, poi sono arrivati i panini
annunciati dal din-don del display, è passata la discussione
come passano certe discussioni, e mai la fame
mai del tutto

Sono arrivati due zingari con le fisarmoniche, dal buio del mare
avrebbe detto chiunque, ma più in là c’è un accampamento
e del resto ogni cosa ha una spiegazione, e questa pure
Sono arrivati gli zingari suonando “Bella Ciao” come una mazurca
hanno fatto il giro tra i tavoli, sorridendo, uno dei due senza un incisivo
si sono fermati vicino a una famiglia giovane, padre violento
madre truccata da sabato sera e due gemelline vestite uguali, da maschietto
E il padre ha voluto ridere degli zingari con sua moglie, col tovagliolo sulla bocca
e il sorriso di risposta e senza rispetto della moglie una conferma
che lui l’avrebbe presa da dietro anche quella notte di una domenica di ferie
e poi il sorriso di risposta di uno degli zingari, “Bella Ciao” come una mazurca
e poi il padre che dice in faccia allo zingaro, senza tovagliolo uno sputo: “Olé”
come fosse una musica spagnola, come se non appartenesse
se non a quei due zingari, all’incisivo che manca a uno di quei due zingari
e questa potrebbe sembrare umiliazione ma mai affligge davvero certa gente,
mai del tutto

Più dietro una lunga tavolata, genitori giovani, figli e nonni
aspettano una cena che di elegante ha solo l’abitudine al farsi una volta a settimana
La nonna più grande sta su una sedia a rotelle a lato del tavolo, non mangerà
così vicina com’è alla morte il masticare è atto inutile, da tramandare soltanto
però ogni tanto scorreggia e allora si ride, si ride come di cosa ch’è viva
I genitori giovani giocano coi figli per non farli addormentare prima della cena
e così tirano fuori gli incubi di tutti: il lupo, il mostro, un folletto
e tutto questo appare un rimprovero mosso da bambino ad altro bambino
E tutto questo dice molto dei nonni più giovani seduti al tavolo,
che aspettano il sonno dei nipoti per riavere i figli come tali, com’erano
e la vita andare come doveva, come poi è andata, e di tanto in tanto guardarsi
come chi ne ha passate abbastanza, e insieme, e tutte insieme, per dire
per dire d’aver fatto bene, e anche questa è cosa che ha spiegazione ma mai,
mai del tutto

A un tavolo in disparte sta seduto un ragazzo dall’età indecisa
calvo quasi del tutto sul cranio, con una lunga coda, a treccia
aspetta roba da portar via, e lo avrebbe fatto, se non gli fossero passate davanti
due ragazze vestite male ma con molto impegno,
se non avesse pensato: “Aspetto che passino loro, poi mi alzo e vado via”