Non so in quanti abbiano fatto in tempo a leggerlo, ma oggi su questo blog è apparso un articolo, poi rimosso, che si intitolava Da band a brand: il caso Populous. Partendo da un equivoco poi chiarito – e cioè che il dj e musicista Populous m’avesse bloccato su Facebook dopo che lo avevo taggato in un mio post – buttavo giù una serie di riflessioni d’ordine più generale su cosa significa essere figure pubbliche oggi.
Diciamo che per me quelle riflessioni sono tuttora valide, ancorché in corso d’opera (venivano in parte dalla stesura di un altro articolo), ma per il momento le rimetto tra le bozze. Quello che devo fare ora è scusarmi con Populous per averlo tirato in ballo con estrema leggerezza a partire da una cosa inesistente: è vero che si è trattato di un inghippo tecnico – mai affidarsi troppo a Facebook – ma da parte mia ci ho messo di sicuro molta superficialità. E però, oltre alla superficialità, c’era dell’altro: e cioè i fantasmi.
Al netto della rilevanza assolutamente relativa di tutta questa storia, la cosa che francamente mi preoccupa davvero, oltre al prendere coscienza del fatto che anch’io posso trovarmi in una posizione in cui non vorrei mai essere – quella del superficiale, appunto, che sotto l’effetto di fretta e furia non ragiona abbastanza –, è che la maggior parte dell’articolo era frutto di una mia proiezione. Il fatto in sé non sussisteva, d’accordo, il che può capitare: e capita spesso, probabilmente mille volte al giorno a un sacco di gente che poi fa finta di niente, ma tutta la costruzione che ne è seguita… Be’, forse a me questo tipo di fantasmi fa paura.
L’idea cioè che a partire da una cosa inesistente si possa costruire qualcosa di ancora più inesistente – probabilmente è così che funzionano la letteratura, parte del giornalismo e certamente la vita online, l’ossessione, la paranoia, l’ipocondria e la cronica, puntuale incapacità di arrivare in orario a un appuntamento…
Ma voglio ragionare egoisticamente, non mi importa di quello che fanno gli altri: semplicemente io non voglio essere così. Vanno bene l’intuito, un certo tipo di visioni, la capacità di lasciarsi suggestionare… Ma c’è un limite. Ho bisogno di ghostbusters mentali, forse. E di un dj set di Populous, sicuramente.