In queste ore, il piacere legato all’idea di possedere fisicamente The Game, il nuovo libro di Alessandro Baricco, è in pari col piacere che deriva dall’idea di attendere ancora qualche giorno prima di acquistarlo. Voglio dire che sono letteralmente immobilizzato in questo grado di jouissance, di godimento: non riesco a uscirne. Ovviamente mi succede anche con altri libri, ma in questo caso il doppio battage Einaudi/Baricco, specialmente su Instagram e con i cartonati in tutte le librerie d’Italia, intensifica tutto il processo di eccitazione in corso. In ogni caso, si potrebbe pensare che la campagna di marketing abbia fallito, dal momento che non ho ancora preso il libro e che questo stato d’animo di immobilità potrebbe persino portare a un acquisto mancato: invece credo che al contrario, a una diversa profondità psichica, la campagna attorno a The Game abbia avuto successo proprio perché sto già godendo di un oggetto, il cui pieno godimento sarebbe comunque immateriale, a un livello anch’esso puramente immateriale. Rischio di ripetermi: in queste ore, possedere questo libro difficilmente potrebbe darmi più piacere di quanto me ne stia procurando attenderlo. Ovviamente la questione è un po’ più complessa, ma direi che da questo punto di vista – desiderio/attesa – il marketing funziona esattamente come la fede: se Dio viene, non c’è più ragione di credere (o di dubitare) che possa venire, e dunque di godere di questa venuta potenziale (un saluto a Guido Ceronetti che ci legge da lassù). La conseguenza di tutto questo ragionamento è che quando i piccoli (ma anche i medi) editori puntano su strategie di marketing simili, stanno sbagliando tutto e rischiano di risultare patetici. Questa però è una riflessione che non approfondirò: piuttosto mi chiedo una volta di più qual è il ruolo dell’autore – tanto più se non si è Baricco, se non se ne possiede neppure lontanamente l’indubbio carisma – e dell’opera in tutto questo meccanismo. Domanda sterile, in ogni caso, dal momento che ieri Banksy, col suo ennesimo colpo da Sotheby’s – vero, presunto o semplicemente organizzato che fosse – ha ribadito ancora una volta la massima di Picasso per cui “The urge to destroy is also a creative urge”. Che significa? Che creazione e distruzione sono in pari, nell’atto del creare (e dunque del distruggere)? O che, piuttosto, nel caso del mio godimento di The Game, il vero scrittore (ma non “autore”, in quanto anonimo) non è Baricco ma chi ha scritto la campagna di marketing per Baricco, e che di conseguenza in questo come in molti altri casi è proprio la campagna la vera e propria opera d’arte?