Devo tornare sull’argomento balene. Lo so, rischio di annoiare, ma se lo faccio ancora è solo perché provocato da quel pestifero pesce-mammifero. Ieri mi si è rimanifestata sotto il naso, sottoforma di carta finemente ritagliata. A dirla tutta, non sarebbe balena se non tornasse, così, di tanto in tanto, a ricordarmi che c’è con tutto quello che rappresenta. La Balena. Su questo ho delle cose da dire. Divido il mondo in due categorie: c’è chi ha letto Moby Dick e chi non lo ha fatto. Io cerco di interagire solo con la prima categoria, ma questo ha poca importanza. A me è toccato in sorte un po’ tardi, qualche anno fa; un mese sul Pequod, d’estate, in una villetta al mare. Tornavo dalla spiaggia col sale addosso – mai portare un libro del genere in spiaggia – e con quell’odore e quel sapore seguivo le imprese di Achab e Ismaele (più di Achab, che di Ismaele).

Ebbene credo d’aver contagiato un po’ di gente con questa storia della Balena. Qualche mese dopo aver letto Melville ho scritto il Baleniere, una sorta di storia parallela ambientata nello stesso mondo di Moby Dick. Il piccoletto ha fatto un po’ il giro del mondo finendo anche all’università. Qualche mese fa un mio amico, Domenico, mi chiede di poter usufruire del Baleniere per farne un libro pop-up per la sua tesi (qualcosa per l’Accademia di Belle Arti di Lecce). Me ne dimentico completamente.
Mai dimenticarsi della Balena.

Per cui ieri accade che arriva quest’altro mio amico, Andrea, studente anche lui all’Accademia. Apre la borsa e tira fuori questo libro bianco (bianco!), un po’ quadrato, il titolo sembra inciso nella copertina. Lo apre, lo sfoglia, e potete immaginare il mio stupore quando nella metà esatta del libro si leva una coda con due patte, bianca, con solo qualche parola addosso. Come se spuntasse dal fondo dell’Oceano Pacifico. E poi vedo la chiglia del Gabriele spuntare in mezzo alle pagine successive, il Gabriele, dico!, la nave su cui s’imbarca il mio baleniere senza nome. M’è preso un colpo.

Andrea ha fatto questo: ha preso una copia (l’unica, credo) del Baleniere in versione pop-up dall’archivio dell’Accademia di Belle Arti di Lecce e me l’ha portata: un gesto molto carino, di cui gli sono molto grato; ma Andrea non sa che era la Balena a guidarlo in quest’intento di cortesia. Era un messaggio per me.

Insomma. Mi sono provato mille volte a spiegare cosa diavolo rappresenti la Balena. C’è dell’ossessione e del male infinito e del bene inevitabile. D’accordo, ma non può essere una persona, no. Neppure una singola impresa. Uno stato mentale? Ci sto ripensando in questi giorni in cui provo a tradurre in favola le gesta del profeta Giona (ma è dura, era di una rigidità, il profeta ingoiato dal pesce, che è molto difficile raccontare ai bambini). Be’, per farla breve: ho deciso di provare a descrivere l’entità della Balena in una lingua un po’ strana, ovviamente inventata, che è quella di Erri De Luca quando traduce la Bibbia direttamente dall’ebraico antico. E così quanto segue va letto da destra a sinistra:

balena bella molto E
grande timore grande dentro consegna fuori Dentro
tutto a posto e dell’infinito spazio pesce grande Insegna
rispetto e bisogno paura Insegna
ignorano che uomini in anche bloccare a impossibile balena Torna
vento di compagna balena bella molto Torna
sé a male è uomini dentro ma uomini Contro
contare può si non quello bene E
inevitabile balena bella molto ama si che Cosa
ama inevitabile cosa Come

[Per chi non ne avesse avuto abbastanza, qui c’è qualche altra foto dal Baleniere universitario]