| foto: Brumò |
Mi svegliai al tramonto. Dormivo da due giorni. Diedi un’occhiata fuori dalla finestra. Un lenzuolo arancione ricopriva le cime delle sequoie scaldando tutta la foresta. Accesi il misuratore di ego prima di vestirmi. Finito il ronzio, controllai il display di quel dannato aggeggio. Era al minimo e ancora non riuscivo a comprenderne il motivo. Avevo bisogno di buttar giù qualcosa al bar dell’albergo, così decisi di scendere a piano terra.
Il barista era un tipo mingherlino, dall’aria decisamente smorta. Parlava in continuazione e in qualche modo quel suo modo d’agitarsi era parte e prolungamento del suo stesso lavoro. Voleva tenersi ben stretti i clienti, questa era l’impressione, come se nel raggio di cento chilometri ci fosse stato anche solo mezzo locale capace di rovinargli la piazza.
«Insomma» disse porgendomi il mio whiskey annacquato, «è ancora qui.»
«Sì, sono ancora qui, ma spero di ripartire quanto prima.»
«La signora?»
Con una smorfia feci intendere che non avevo voglia di parlarne. Dopo mezz’ora discutevamo di condizioni meteorologiche. A un certo punto fui chiaro: «Il mio egometro dice che sono a terra.»
Il barista si allungò oltre il bancone a cercare maggiore complicità: «Io nemmeno ce l’ho, quel coso, s’è rotto» sussurrò.
«Credo sia illegale non averne» feci notare senza alzare troppo la voce.
«Vede, quassù è raro che ci siano controlli. Comunque è relativamente facile trovare un accordo coi funzionari statali, se capisce cosa intendo…»
Terminai il mio terzo bicchiere in un unico sorso. Feci per allontanarmi. Avevo voglia di tornare nella mia stanza.
«E sto meglio così» aggiunse ancora il barista. «Certo non per tutte quelle faccende sul controllo governativo, no, semplicemente mi dimentico un po’ di me stesso. Se capisce cosa intendo…»
A quel punto mi lasciò andare.
Dalla finestra della mia stanza osservavo la notte calare sulle montagne e sulla vegetazione. Da quelle parti la notte ha qualcosa di luminoso e pacifico, forse eterno, forse per questo mi piaceva rimanere in piedi fino all’alba. Pensavo che quelli del governo m’avrebbero fatto arrestare subito, se solo avessero realizzato quanto s’era rimpicciolito il mio ego negli ultimi tre mesi. Ero un individuo insoddisfatto, con poco o niente da dire, e per questo, credo, potenzialmente pericoloso. Così andavano le cose all’epoca. E con un piccolo e inutile pensiero di questo genere, quasi un risarcimento, finii allora coll’addormentarmi, quella notte, in quel tipo di notte che da secoli sa essere a volte l’alba.