Dalla pelle e dalla carne non vengono che buffi affari, baffi attizzati da direttore di circo imploso. Così tutto dovrebbe volgere al legno: fresco d’estate e caldo d’inverno, come si dice delle case di un tempo. Se non l’uomo, il libro.
Copertine di legno, così che si possa scrivere e vendere a peso – ma davvero.
Copertine di legno, ma anche pagine: che la natura smetta di gridare la via del ritorno a ogni pagina voltata.
Copertine di legno, così che, almeno loro, i libri, adagiati sul pelo dell’acqua, possano viaggiare.
La zattera è un congegno ai più sconosciuto: chi ne parla, e ne racconta, la immagina, non la tocca.
La zattera è il mantello dei sopravvissuti.

Non messaggi in bottiglia, ma messaggi, interi, nei mezzi. Possano questi libri fare come l’isola dei rifiuti nel Pacifico, siano agglomerato le storie, una libreria di naufraghi si aggiri pure dove l’uomo solo spera d’arrivare: quando, come dice qualcuno, nasce il ritorno all’interno del viaggio.
Sfidino pure le maree, i nostri libri, tendano alla luna, ricerchino fortuna. Non di plastica è l’eterno. Non di legno è l’uomo.

Con questo concetto estraneo si chiude il mio dizionario. Godetelo con l’unità di misura che più vi aggrada, ma bruciatelo se fa freddo: zattera, nel nome, richiama la terra.

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