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Occupavamo una casa in affitto, non la prima né l’ultima della lunga serie in cui vissi, da bambino, insieme alla mia famiglia. Fu poco dopo il trasloco in questa casa che mio padre ci illustrò la sua filosofia della “vita in affitto”. Spiegò che vivere in altro modo era impossibile e provarci una delle peggiori e più illusorie ambizioni. “Dobbiamo riconoscere e accettare l’esistenza della nonproprietà” disse gesticolando con le braccia grevi e svettando su me, mia madre e mia sorella mentre sedevamo sopra un divano in affitto nella nostra in affitto. “Niente ci appartiene. Tutto è in affitto. Nella testa siamo pieni di idee in affitto, tramandate per generazioni. Ovunque si posi un vostro pensiero, il pensiero di infinite altre persone vi ha già lasciato un’impronta, così come il sedere di altre persone ha lasciato l’impronta su questo divano. Viviamo in un mondo dove ogni superficie, ogni opinione e passione, tutto, proprio tutto, è corrotto dal corpo e dalla mente di sconosciuti. Siamo continuamente circondati e coperti da pidocchi, pidocchi intellettuali e pidocchi fisici altrui. A questo fatto non si sfugge.”


Thomas Ligotti | Teatro grottesco