Christian Salmon: Ma non è un miraggio egocentrico vedere nell’epoca presente il momento privilegiato, il più importante di tutti, e cioè il momento della fine? Quante volte l’Europa ha creduto di vivere la fine, la sua apocalisse!
Milan Kundera: A tutti i paradossi terminali, aggiunga anche quello della fine stessa. Quando un fenomeno annuncia, di lontano, la sua scomparsa, siamo in molti a saperlo, ed eventualmente a dolercene. Ma quando l’agonia è vicina alla fine, guardiamo già altrove. La morte diventa invisibile. È già un bel po’ che il fiume, l’usignolo, i sentieri che attraversano i prati, sono spariti dalla testa dell’uomo. Più nessuno ne ha bisogno. Quando la natura, domani, sparirà dal pianeta, chi se ne accorgerà? Dove sono i successori di Octavio Paz, di René Char? Dove sono i più grandi poeti? Sono spariti, oppure la loro voce è diventata inudibile? Che immenso cambiamento, in ogni caso, in questa nostra Europa, un tempo impensabile senza poeti! Ma se l’uomo ha perduto il bisogno di poesia, si accorgerà della sua scomparsa? La fine non è un’esplosione apocalittica. Nulla, forse, è più pacifico della fine.