renzing

Matteo Renzi è un acceleratore. Un acceleratore non è buono né cattivo. Non lo voterei, ma è questo ciò che sta facendo: portare la comunicazione e la politica da un punto x a un punto z. Gli si può solo andare dietro. Osservare i cambiamenti che impone allo sciame di imitatori o detrattori.

Oggettivamente, quando siamo alle prese con la lentezza di certi discorsi, nei settori più disparati, o con la burocrazia, noi ragioniamo come Renzi: vorremmo che un uragano spazzasse via tutta quell’inutile e pesante impalcatura che si frappone tra noi e il nostro obiettivo.
Basta bazzicare un po’ i suoi oppositori, come del resto faccio anch’io, per capire di cosa sto parlando.

Oggettivamente, certo, ma anche intimamente: dopo Silvio Berlusconi, Matteo Renzi è il secondo grande politico italiano che nel giro di pochi anni dialoga non tanto con la nostra parte pubblica, ma con quella più interiore, più segreta, emotiva.

Berlusconi diceva: fate un po’ che cazzo vi pare, e otterrete quello che volete: cioè tutto.
Renzi dice, semplicemente: fatelo più veloce.

La cosa più probabile che accadrà è che Renzi sarà consumato da questa sua stessa accelerazione. Al momento, il suo nemico più pericoloso resta il buffering (come nella foto quassù) cioè la tecnologia che lo tradisce per restituircelo, in diretta, in una delle sue espressioni più buffe, una di quelle che ci ricordano che un tempo Matteo era un semplice scout, un postdemocristiano in cerca d’autore, un vecchio compagno di banco neppure troppo sveglio.
Anche quel tempo brucia adesso nell’accelerazione.