Nessuno, non c’è un’anima, silenzio opprimente. E in mezzo a tutto, stranamente, brucia una fiamma da petrolio. S’agita, un fantasma di fuoco, nel vento. Giù nell’arancione della pianura vedo strisce di pioggia, e l’annuncio della fine del mondo brucia e arde in cielo. Una ferrovia fugge per la campagna e attraversa i monti. Le ruote scottano. Un vagone s’incendia. Il treno si ferma, si cerca di spegnere, ma il vagone non si vuol spegnere. Si decide di ripartire, svelti, svelti. Il treno si rimette in moto, va nel cosmo buio, sempre diritto. Nel nero totale dell’universo ardono le ruote e arde quel vagone. Inimmaginabili cadute di stelle hanno luogo, interi mondi crollano su se stessi, in un punto solo. La luce non può più fuggire, persino il nero più fondo qui dovrebbe fare l’effetto della luce e il silenzio un effetto di clamore. Il cosmo non è più riempito da niente, è il vuoto più nero che sbadiglia. Sistemi galattici si sono condensati in non-stelle. Una gran beatitudine si diffonde e dalla beatitudine si genera ora una cosa mostruosa. Questa la situazione. Una nube densa di mosche e moscerini mi turbina intorno alla testa, io do sventole tutt’intorno ma quelli mi seguono avidi di sangue ovunque. Come faccio ad andare a comprar qualcosa? Mi sbatteranno fuori del supermercato me e la mia nube d’insetti intorno alla testa. Un fulmine, molto più in basso di me, serpeggia nel cielo nero-arancio e va a colpire giusto il Franz del mulino. Questi aveva un solo amico ed era il Sepp Tempesta. Il Franz del mulino ha passato anni nel solaio della fattoria, imprigionato in un recinto di assi, perché la donna del Franz giù in casa aveva un affare col Sepp Tempesta. Lo chiusero dentro con le assi e lui mica si ribellò, perché gli portavano su la minestra da mangiare.
Fa bene la solitudine? Sì, fa bene. Solo che dà delle prospettive drammatiche. Intanto la nauseabonda proliferazione s’aggruma in riva al mare.
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Werner Herzog | Sentieri nel ghiaccio
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