…ed è importante anche conoscere il preciso momento in cui s’inceppa. Da qualche parte sta scritto che quello che fai è quello che perdi: non si può perdere, com’è ovvio, quel che non si è mai avuto. E allora, prima che accada, hai due possibilità: puoi farlo più forte – sviluppare al massimo il tuo talento, ad esempio, come dice Matteo più giù – o lasciar perdere – come, pare, abbia poi davvero fatto Matteo. E così ho chiesto anche a lui, a Matteo Scandolin, di rispondere al mio Questionario. Matteo ha pubblicato un libro, altre cose ha scritto e continua a scrivere in rete, ma se gli chiedi di rispondere al Questionario ti dice: “Perché proprio io che ho lasciato perdere?”. Proprio per questo, perché è importante capire quando s’inceppa, o solo finisce qualcosa che hai frequentato e in cui, suppongo, hai creduto quotidianamente; smettere di scrivere (in un modo peraltro molto maturo, “senza fronzoli”) fa parte anch’esso dello scrivere? E cosa lascia in una vita che – com’è ovvio! – comunque fluisce, apparentemente in altre direzioni?
Cosa rappresenta di te, la scrittura?
Il tentativo di vivere e raccontare le cose senza fronzoli o abbellimenti vari, nel modo più diretto. Il tentativo, non è detto che ci sia riuscito.
Quando hai iniziato a scrivere? Non intendo cose del tipo: «Sai, a otto anni ho scritto il primo tema e lo considero il mio primo romanzo…». Voglio dire: quand’è scattata quella cosa, quel meccanismo consapevole per cui adesso puoi dire, appunto, che la scrittura ti rappresenta come uomo?
Ho cominciato a scrivere, fatalità, all’età che hai detto tu, al di là dei temi in classe. Verso i sedici-diciassette anni ho iniziato a scrivere consapevolmente.
Che tipo di rapporto hai con la scrittura? Può essere in qualche modo legata a uno stato d’animo? Oppure è una cosa che sta lì e che puoi svolgere, allo stesso modo, in qualsiasi momento?
Da un paio d’anni a questa parte non ho un rapporto con la scrittura, intesa come narrativa. Prima scrivevo spessissimo, in qualsiasi momento e luogo: poi magari erano ciofeche che cestinavo, ma non avevo problemi a scriverle. Adesso, scrivo in qualsiasi momento e luogo mail o progetti o cose che riguardano, in qualche maniera, l’associazione e la rivista di cui mi occupo.
Funziona così da sempre? Come l’hai addomesticata, la scrittura, come le hai preso le misure?
Negli anni ho imparato a sfrondare gli abbellimenti di cui alla prima risposta. Ho cercato di scrivere nella maniera più semplice e chiara possibile, mentre a diciotto anni cercavo, com’è ovvio, di stupire con gli effetti speciali: mi ci è voluto parecchio per cogliere che si può stupire anche con la semplicità.
L’unica cosa che puoi fare per addomesticare i tuoi talenti è svilupparli più che puoi: in questo caso, scrivere come un cretino, sempre.
Ti è mai capitato di sentirti limitato nella quotidianità delle cose per via dello scrivere? In altri termini, hai mai sentito una certa difformità tra qualcosa di anche molto banale che ti stava accadendo, e qualcosa che avresti potuto/voluto scrivere a riguardo?
No. Semmai m’è successo di vivere una situazione e vedere la stessa situazione come una scena da scrivere. Non è stato piacevole, mai.
Qual è, oggi, lo spazio per la parte privata del tuo scrivere (non so, qualcosa tipo diario, o comunque cose che non leggerà mai nessuno) e quello riservato alla parte pubblica (anche solo tenere un blog)?
Al di là del fatto che non ho mai tenuto un diario, tutto quello che scrivo è pubblico: che siano articoli, post o mail, qualcuno legge sempre quello che scrivo.
Sapresti descrivere la tua personalissima lingua, quella in cui hai scritto finora?
Meno fronzoli possibili.
Quanto (e cosa) del tuo scrivere può appartenere agli altri?
Guccini mi ha insegnato che una volta che scrivi qualcosa e la rendi pubblica, diventa tanto tua quanto degli altri.
Pensi mai di smettere? Intendo smettere e non pensarci più davvero, neppure una blanda tentazione – potrebbe essere tipo cambiare città, lavoro, abbigliamento, amicizie, tutto insieme, di colpo.
Di fatto m’è successo. Ho cambiato città ma già da tempo non scrivevo.
Adesso scrivi tu una domanda per me.
Quando cazzo ci vediamo?
Eh!
[Questionario #4: Vito Antonio Conte] [Questionario #6: Enrico Piscitelli]
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