Quella che segue è una poesiuola che dedico al ragazzo di Margherita. Il ragazzo di Margherita è, tra i volti a me noti, forse il più noto, e da più tempo; oltre a questo primato, ne detiene altri piuttosto singolari: mi ha insegnato che la notte non è il posto migliore per dormire, per me, e che al contrario le stagioni hanno un loro valore intrinseco – anche le mezze, le quali, mi ha insegnato sempre il ragazzo di Margherita, esistono.
C’è da dire che il vero dono che ha il ragazzo di Margherita è quello di saper insegnare tutto questo in maniera implicita, indiretta, che è la maniera più graziosa di insegnare: tutte queste cose gliele leggi addosso, leggendo la sua vita.
Ultima cosa, non da poco: il ragazzo di Margherita mi ha regalato il titolo di questa poesiuola. E dunque:

Mia nonna ha vent’anni
nel momento in cui la guardo
sta partorendo una donna
che a vent’anni
partorirà me.
Mia nonna, a vent’anni
non soffre quello che ha sofferto
mia madre, a vent’anni
ed io non soffro che me, a vent’anni
come ogni ragazzo che pensa a sé
e nel pensarsi
pensa a sua nonna, a vent’anni,
la quale non soffre che sé e il dolore
tra le gambe, a vent’anni,
e così la vita che sta nascendo
non soffrirà che se stessa,
a vent’anni, e in questo piccolo segreto
noi guardiamo il mondo già caduto
in pezzi, come la boccia per pesci rossi
che mio nonno, a vent’anni, regalò
un giorno piuttosto freddo di dicembre,
a mia nonna, a vent’anni