Abitano a 187 chilometri di distanza l’uno dall’altra. Il paese di lui conta 26.037 abitanti, quello di lei 7.839. Stando ancora ai numeri, lui ha 27 anni, lei 20. Lui, figlio di un allevatore e di una sarta insofferenti all’idea della pensione, fa l’operaio e ha il sentore di partecipare quotidianamente alla costruzione di qualcosa di concreto che tuttavia non vedrà mai per intero. Lei si è appena iscritta a una facoltà di cui spesso dimentica il nome, in mente ne aveva un’altra e così finisce spesso col confonderle. Si sono conosciuti per le canzoni, ascoltavano la stessa musica, condividevano insomma la stessa lingua composta d’aria o nuvole, il che li aveva subito sistemati su quel terreno comune su cui si costruiscono piccole battaglie e amori discreti.
Lei va a trovarlo di sabato ma con la testa è già da lui dal venerdì sera. Quando la domenica rientra in paese le sembra di tornare bambina, tutto ricomincia, i suoi genitori, impiegati comunali, sono ancora giovani e stanno per iscriverla all’asilo. Lui non chiude occhio la notte tra il venerdì e il sabato, mentre la domenica sera è già l’alba del lunedì, del lavoro, e la settimana è bere birra in casa con degli amici che nel fine settimana gli sembrano macchioline d’umido sul soffitto alto e lontano della sua stanza da letto.
Fanno molto l’amore, fanno sempre l’amore, e dormono, e mentre dormono sognano gli stessi sogni ma non se li raccontano mai, per paura dell’ipotetico, del parallelo che non regge il vero.
Ogni due settimane, di sabato, lui ha il turno serale e torna a casa tardi, spezzato in due, lei passa il pomeriggio da sola nell’appartamento di lui e sta su Internet a spiegare che sta cucinando per il suo uomo. Questa storia va avanti da sempre.
Quando lui torna a casa spezzato in due non ha fame e pensa che questo è un piccolo richiamo di morte, ma lei ha cucinato per quattro o cinque persone, immaginando, nel pomeriggio, una festa, niente di che, qualcosa con due o tre amici di lui; i quali con astuzia e cortesia declinano l’invito rimandando di settimana in settimana quello che comunque non sarebbe stato né festa né incontro del caso.
Allora finisce sempre che il sabato sera mangiano a letto e fanno l’amore, poi dormono e sognano, sognano e dormono e il giorno dopo lei lo sveglia con la bocca e lui le prepara la colazione, più tardi il pranzo, c’è una passeggiata e l’addio perfetto e in miniatura del treno che riparte verso il lunedì.
A un certo punto succede che gli mettono il turno di domenica, un piccolo dramma, e tutto sembra saltellare un po’ all’indietro, a mangiucchiare una cosa che c’è ma come fosse già filtrata dalla polaroid. Non bastano più la lingua e la bocca e lei di anni ne ha abbastanza per dire che non è colpa sua, Non è per te, lei dice come dicono certe donne che si lasciano smentire volentieri dalle lacrime; allora lui pensa a quel che sta costruendo, alla creatura che gli spacca le mani ogni giorno e che mai vedrà per intero e dice: Non sono uomo abbastanza.
Lei ha sempre 20 anni, lui 27, lei è in una città sulla costa occidentale dell’Inghilterra perché crede ancora in quella lingua che è terreno comune di piccole battaglie e amori discreti, e così allo stesso modo non vede l’ora di tornare; lui è sposato in una chiesa fatta di vento e mattoni rossi; a volte gli capita di non riuscire a ricordare il nome del paese in cui di sabato lei prendeva il treno per andare da lui.
[foto: Matthias Franke]