Oggi sono di cristallo. Se qualcuno mi tocca,
mi rompo.
Oggi mi attirano dettagli volgari di esistenze effimere,
contorte.
Mi attrae l’equivoco e prendo in considerazione l’abominio.
Trovo che in ognuno di noi ci sia una parte selvaggia,
volta all’eterno e allo sgradevole, trovo o forse cerco
l’accadere che libera la bestia, non la comprime,
l’attimo in cui accade qualcosa di selvaggio e degradante,
che spezza in due e si accorda all’irreversibile.

Eppure oggi dovevo fare cose semplici,
comprare delle scarpe o dar da mangiare al cane:
non ho camminato e il cane è morto
di fame.
Oggi non voglio il traffico, le ore, la lavatrice
che canta il disordine di questa casa.
Oggi non vanno gli odori della cena
e quello che ho bollito pensando fosse un’esperienza
intera.
Oggi non devo vivere,
e non dico non voglio, dico non devo,
perché questa voluttà di potenza oggi non m’appartiene,
e oggi io stesso non devo, non devo, non devo
appartenere.
Oggi non mi accontento di non esser visto,
oggi voglio non essere guardato.