Con la nascita comincia il processo di apprendimento che porta alla separazione. È difficile credere nella separazione e accettarla. Eppure, è accettandola che la nostra immaginazione si sviluppa: immaginazione che è la capacità di ricongiungere, rimettere insieme, ciò che è separato. La metafora ritrova le tracce che indicano che tutto è uno. Gli atti di solidarietà, compassione, abnegazione, generosità sono dei tentativi di ristabilire – o per lo meno il rifiuto di dimenticare – un’unità un tempo nota. La morte è l’esame che più duramente mette alla prova la capacità della vita di accettare la separazione.

L’atto della creazione implica una separazione. Quel che resta unito al creatore è creato solo a metà. Creare è lasciar assumere il controllo a qualcosa che prima non esisteva, e dunque è nuovo. E il nuovo è inseparabile dal dolore, perché è isolato.

Separati, siamo costretti a riconoscere che siamo stati creati, come ogni altra cosa. Soltanto la nostra anima, se la si incoraggia, ricorda l’origine, senza servirsi delle parole.

Contadini, marinai, nomadi sanno come stanno le cose. La natura è energia e lotta. È ciò che esiste senza promettere nulla. La sua energia è spaventosamente indifferente. La prima necessità della vita è un riparo. Un riparo contro la natura. La prima preghiera è una richiesta di protezione. Il primo segno di vita è il dolore. Se la Creazione è stata intenzionale, la sua è una finalità nascosta che può essere scoperta solo attraverso segni intangibili, mai grazie all’evidenza di ciò che avviene.

È in questo desolato contesto naturale che incontriamo la bellezza, e l’incontro è per sua natura improvviso e imprevedibile. La burrasca si estingue da sé, il colore del mare passa dal grigio merda al blu acquamarina. Sotto il masso trascinato dalla valanga cresce un fiore. Sopra la baraccopoli sorge la luna. Propongo esempi drammatici per insistere sulla desolazione del contesto. Riflettete su altri esempi di tutti i giorni. Comunque la si incontri, la bellezza è sempre un’eccezione, sempre a dispetto di. È questo che ci commuove.

L’arte non imita la natura, imita una creazione, è una risposta organizzata a ciò che la natura ci permette di intravedere di tanto in tanto. L’arte vuole che il riconoscimento potenziale diventi incessante, permanente. Afferma l’uomo nella speranza di ricevere una risposta più certa… L’aspetto trascendentale dell’arte è sempre una forma di preghiera.


John Berger | Perché guardiamo gli animali? (Trad. Maria Nadotti)