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Tempo fa ho provato a spiegare a un mio giovane amico che la poesia dovrebbe funzionare come il rock’n’roll. E cioè che dovrebbe essere immediata e comunicare la parte più vera di te. Pensavo che fosse una questione legata alla bellezza, quella della poesia. Poi ho incontrato dei poeti che hanno effettivamente posto al centro della loro scrittura quell’immediatezza che dicevo. In loro c’era tuttavia qualcosa che non tornava – ovvero, non si dava notizia alcuna dell’accesso a punte di squallore che la poesia è in grado di attivare proprio mentre ricerca la bellezza. Allora ho concluso che la poesia, come il rock’n’roll, dev’essere immediata, certo, ma allo stesso tempo consapevole che il bersaglio della bellezza può anche esser mancato alla grande.
Quelli che seguono sono dunque cinque brevi pezzi rock’n’roll.
Buona lettura.

Decollo
Voi,
voi sapete un sacco di cose
che io non so, né posso sapere
ma soprattutto voi,
voi avete
un sacco di cose
che io non voglio, né voglio avere

Datemi una pista
da ballo lunare
e la stessa timida scimmietta
che mi ci portò a ballare
e datemi perline, che siano
colorate, il filo
ce lo metto io

Se non vi ci strangolo
prima

§

Tornare
Tornare a casa alle 22.20
non averti
non avere
che freddo, come tutti
e un film, come tutti
e non dover aggiungere
né togliere
nulla
al corso, alle vie, alle vite
di tutti

§

Petardo
Ella fu gioia e lutto
pe’ lei smisi peti e rutti
ma, seppur abituato ai lutti:
furon proprio le gioie
mie e sue
a scoppiar quel cuore
che così fece:

Patapum!

§

Sciocco e dolce scirocco
Per la maggior parte sei un’idea
idea meravigliosa, come intuito
t’ho intuita
Ma poi ti ho vista, ti ho sperimentata
e certe idee le abbatte la peggiore delle albe
e cert’altre non arrivano a sera, a dirla tutta
Ma tu stai in piedi fatta, tutta, di bronzo
e indichi me come approdo
Non pensar male: di me verso me

Per la maggior parte sei un’idea
idea meravigliosa, che mi hai fatto intuire
ma io ti ho saggiata ed assaggiata
Sciocco, dolce scirocco
che m’impasticcia l’esistenza
al chiuso e fuori da una stanza
che dà sul gelo e sul mare
ma non c’è più sale
solo: da arrivare

§

Artificio
Ho visto uno di quei randagi
che malati perdono il pelo
brucare in un’aiuola
convinto d’esser pecora
Ho visto del buon pane caldo
spiegare una fame di giorni
Ho visto una macchinetta per le bibite
mangiarmi l’anima
e darmi il resto, con estrema precisione
Ho visto infine ogni cosa
avverarsi nel suo contrario
Come una scintilla dal camino
son fuggito, forse in tempo

Ma io sono il divano
fate di me una festa patronale
e sarà svelato l’arcano
Con le mie orecchie si faccia la banda
Col mio naso una madonna
Le mie spalle un prete
Il mio petto i fedeli e i miei occhi
I miei occhi, saranno i fuochi:
così, avrete anche l’artificio