Oggi è il compleanno di Raymond Carver.
Dunque è fine maggio, ma il vento fuori dice: resta fermo.
Oggi è il compleanno di Ray Carver e in molti lo festeggiano. Mi sembra giusto.
Come si festeggiano le morti famose. Stesso identico modo.
Però dimenticando la storia del Ray buono e del Ray cattivo.
Oggi si festeggia il Ray buono, quello che ce l’ha fatta. Come si suol dire.
Quello delle foto con Tess Gallagher, quello che conferma che il sogno americano è scalabile.
Come una banca.
Il Ray cattivo, chi ha voglia di festeggiarlo?
Quel giovane ubriacone, che stava con delle racchie e rompeva bicchieri e matrimoni.
Quel paranoico che tentava di distruggere le vite dei suoi figli.
Quello che scriveva racconti (che qualcuno avrebbe tagliato), o peggio ancora poesie.
Peggio, peggio ancora: poesie antiliriche. Semplici racconti
che andavano a capo.
Raymond Carver, buono o cattivo, non ha scritto un solo romanzo, in vita sua.
Se si eccettua il complesso rapporto col suo editor.
Quello sì che ha del romanzesco.
Be’, in ogni caso, oggi lo festeggiamo tutti, il vecchio Ray. Giusto.
Riesumiamo la sua salma, spolpiamo un po’ di carne rimasta attorno al midollo.
Prima di richiudere il sarcofago ci guardiamo tranquilli, ci diciamo:
“Be’, poteva andare peggio. Potevamo essere il Ray cattivo.”
Poi il commiato. L’appuntamento è per il 2 agosto 1988.
Il giorno in cui abbiamo scoperto che esisteva il Ray cattivo.