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Ovviamente esagero. Com’è noto, il termine maker designa soprattutto gli artigiani digitali o, più in generale, un artigianato che proviene da una cultura tecnologica legata non solo alla Rete. Insomma, in questo caso l’ingresso di un termine anglosassone nel nostro vocabolario non va a impoverirlo. Se da un lato perdiamo la radice artistica, evocativa e affascinante, del termine nostrano, da un altro guadagniamo evidentemente in complessità e ampliamento del campo semantico della singola parola.

Cosa accade invece se l’invasione di termini anglosassoni, legati soprattutto alla cultura digitale, arriva a toccare anche il mestiere dello scrittore? Potremmo concludere: poco o niente. In fondo lo scrittore è anche uno storyteller, uno che racconta storie. Sono storyteller anche i cantanti, gli sceneggiatori, i poeti, ma sempre più spesso anche i divulgatori di piani aziendali. Lo storytelling, non lo scopriamo oggi, è un’arma in più per chi si occupa di marketing e comunicazione. Soprattutto sui social network.

Le cose cambiano, ovviamente, se parliamo di letteratura. La letteratura sta tutta in quell’anche. In altri termini, lo scrittore, più o meno consapevolmente, può ambire a fare della letteratura. Molto spesso non ci riesce. Direi il più delle volte. Segue una certa disperazione. Ma attenzione: qui il termine letteratura non esprime un giudizio di valore sull’opera, quanto una forma d’arte specifica, allo stesso tempo molto complessa e aperta a molte soluzioni. Una forma d’arte che, lo sappiamo tutti, contiene al suo interno anche la narrativa e dunque diverse tecniche narrative (ed ecco lo storytelling). Costringere dunque la letteratura nell’ambito del mero storytelling credo sia una cosa improbabile per tutti. Sarebbe un po’ come chiedere a un chitarrista di suonare alla maniera di David Gilmour soltanto, escludendo la lezione di Jimi Hendrix, Keith Richards, Jonny Greenwood o le influenze che provengono da ogni tipo di strumento o genere musicale.

E allora ecco tutto: se termini come storyteller e scrittore vanno a coincidere, diventa molto alto il rischio di cedere una buona dose di complessità da parte del significato della parola italiana. Può apparire una banalità, ma è bene pensarci, di tanto in tanto. Magari riflettendo anche sulla qualità e sulla densità di significato delle parole straniere, provenienti soprattutto dall’ambito della cultura digitale, che stiamo accogliendo in questi anni nel nostro lessico.

(Una versione diabolista di questo stesso post è disponibile sul Medium del Vecchio Malesangue, qui. Buona lettura.)