Duemila anni dopo Cristo, il secolarismo avvolge il pianeta. Così è non perché abbia sconfitto le religioni, bensì perché, fra tutte le religioni, è la prima che non si volga a entità esterne ma a se stessa, in quanto visione giusta e ultima delle cose come sono e come devono essere.
Se il secolo ventesimo è stato il secolo dell’autoriflessione, questo carattere si manifesta anche nel fatto che la società prende se stessa come oggetto che ormai ingloba tutto, grazie a quell’arma invincibile che passa sotto il nome di tecnologia.

[…] Homo saecularis non è così contrario alle religioni in sé. Le religioni somigliano molto alle ideologie, e con queste ultime è abituato ad avere a che fare ogni giorno. Chi dice di essere cristiano non deve essere molto diverso da chi dice di essere vegetariano. Sono tutti gruppi, comunità, confraternite. Si può essere comunisti — come anche culturisti. Ogni scelta va rispettata. Sono tutte minoranze. Nicchie. Quel che Homo saecularis invece non riesce a cogliere è il divino. Non sa situarlo. Non rientra nell’ordine delle cose. Delle sue cose.

[…] Il divino è ciò che Homo saecularis ha cancellato, con cura, con insistenza. Lo ha anche espunto dal lessico di ciò che è. Ma il divino non è come una roccia, che tutti inevitabilmente vedono. Il divino deve essere riconosciuto. E il riconoscimento è l’atto supremo verso il divino. Atto sporadico, momentaneo, non trasponibile in uno stato. “Incessu patuit dea”, il divino è come il passo di una dea, che si fa avanti e subito va oltre. Il divino è uno scintillamento discontinuo, che rinvia a qualcosa di compiuto e continuo. Per Homo saecularis tutto questo era evanescente e contrario alla fisiologia che aveva elaborato in se stesso. Era vano, ormai, rivolgere i propri desideri in quella direzione.

[…] Divino e sacro: cosa accade se qualcuno che non è incline a professare una qualsiasi religione riconosce quelle due parole e ne ha esperienza, non meno intensa di quella di un fedele? Dovrà ammettere che quelle due parole indicano qualcosa che sussiste in sé, ancora prima e al di fuori di ogni culto. E già questo invita a squarciare l’involucro protettivo e soffocante costituito dalla superstizione della società.


Roberto Calasso | L’innominabile attuale