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Tu e lui avete fatto un viaggio.
C’è che abitate in città diverse e molto distanti, così avete pensato che un lungo giro oltre confine avrebbe potuto risollevare anche solo un po’ non tanto le sorti del vostro rapporto, quanto quelle di voi due come singoli individui. Del resto avete comunque dei punti fermi: quando pensi a lui, e in special modo quando pensi di lasciarlo, cerchi di tenere a mente quanto ti sia stato vicino quando eri completamente fuori di testa. E anche lui, sebbene si comporti come se avesse un’altra (ma non ha un’altra), prima di esplodere, al telefono, cerca sempre di ricordarsi quanto ti voglia bene, cerca sempre di pensare a quello che state costruendo, con grande fatica, mentre non sempre ha un lavoro e suo padre sta morendo.
Allora si può dire che arrivate a Zurigo mano nella mano. La sera stessa del vostro arrivo andate a vedere il concerto che avevate prenotato mesi prima, prima ancora del viaggio, e che a questo punto è solo una scusa. Dopo il concerto, in albergo fate quasi l’amore, solo che tu hai il ciclo e a un certo punto hai un blocco, non tanto per lui quanto per le lenzuola. Hai voglia che tutto sappia di pulito almeno fino al giorno dopo. Ed è a partire dal giorno dopo che Zurigo inizia a sfumare. C’è un verde che non ti aspetti e troppi italiani coi soldi, e anche quelli che non hanno un lavoro sembrano navigare nell’oro, perché hanno scoperto cos’è un vero assegno di disoccupazione e perché in fondo, da quelle parti, morto un papa se ne fa davvero un altro (in fatto di lavoro, ma non solo). Hanno un che di presuntuoso, i tuoi compatrioti a Zurigo, che trovi puerile e imperdonabile, così come il loro essere alla moda più di quanto possano esserlo i tuoi coetanei più aggiornati in Italia. Ma soprattutto, trovi che il cibo sia scadente e che anche a Zurigo ci sia qualcosa che porta a deprimere o solo piegare la condizione umana, quale che sia; e poi scopri che le pesche marciscono dopo solo un giorno. E questa, ne sei certa, sarà la cosa che ricorderai più a lungo di questo viaggio.

Quando tu e lui tornate in Italia passi qualche giorno a casa sua. Hai la febbre. Lui si prende cura di te in modo diverso, non sai se più accurato o meno rispetto ad altre circostanze, dopodiché riparti e sei dai tuoi genitori, nella tua città che a Zurigo hai finito quasi per rimpiangere. Ne sai abbastanza di come funzioni per realizzare che non è accaduto per nostalgia, e che in ogni caso sopporterai anche quella per Zurigo (che subirai comunque). La cosa insopportabile, che sta già accadendo mentre ci pensi, è che pian piano scivolerai nella vita di prima: ricerca ossessiva di un lavoro per non trovarlo mai, discussioni con tua madre su argomenti che lei potrebbe tranquillamente affrontare con tuo padre, il pensiero di tornare a prendere le tue vecchie pillole, e poi i tramonti in riva al mare, che prima inseguivi con un’amica, e che adesso trovi decisamente più appropriato studiare in solitudine.
Un giorno sul blog di un amico che non senti da tempo trovi un racconto. Per la verità non hai molta voglia di leggerlo, ma senti che in qualche modo devi farlo. E così scopri che ha messo per iscritto la tua storia, o almeno la parte della tua storia che hai deciso di raccontargli circa un anno prima. Pensi: è per questo che la gente dice di ritrovarsi in quello che scrive, è perché lui glielo ruba. Allora ti viene voglia di chiamare questo vecchio amico e dirgliene quattro. E in effetti lo chiami, ma non accenni neppure al racconto, e finite col parlare d’altro. Mentre sei al telefono, da sola in casa, la tua attenzione è catturata da un paio di forbici lasciate aperte sul bordo del tavolo in cucina. È allora che pensi che vorresti semplicemente smettere di essere sognata dagli altri, presa nei sogni degli altri, prigioniera dei sogni degli altri.